6 Agosto 2025

Il “Financial Times” l’ha definita “una scommessa ambiziosa” sottolineando come le altre Big Oil si stiano progressivamente ritirando dalle rinnovabili “a causa di rendimenti deludenti”. Eni invece si pone in controtendenza e, come riporta l’autorevole testata, “prevede che i profitti derivanti dalle sue attività green e a basse emissioni di carbonio saranno al livello di quelli del petrolio e del gas entro un decennio”. Lo garantisce l’AD Claudio Descalzi: “Entro il 2035 l’utile operativo generato dalle nostre nuove società sarà al livello di quello derivante da petrolio e gas, e nel 2040 sarà superiore”. Traguardi che richiedono un impegno considerevole: basti pensare che oggi i profitti derivanti dal business petrolifero e del gas di Eni sono “ancora più di dieci volte superiori rispetto a quelli dell’unità di biocarburanti Enilive e della divisione rinnovabili Plenitude, le due società indipendenti dedicate alla transizione energetica del Gruppo”.
Ma se Eni può permettersi di ambire a tali obiettivi, diversamente da altre grandi realtà del settore, è perché da tempo si è attrezzata per farlo, grazie alla visione lungimirante di Claudio Descalzi che ha orientato l’azienda verso una preparazione solida, pronta ad ogni possibile evoluzione del mercato. È quanto emerge anche nell’articolo del “Financial Times” che sottolinea l’efficacia del modello ibrido di Eni nel combinare le attività emergenti nel settore dell’energia pulita, in crescita ma non ancora pienamente redditizie, con asset capaci di generare flussi di cassa, così da poter finanziare l’espansione delle nuove società. Un approccio che unisce crescita sostenibile e generazione di cassa creando valore. E allo stesso modo anche Enilive e Plenitude, per quanto siano due entità autonome, sono state create nell’ottica di sostenersi vicendevolmente. Da una parte, Enilive che integra le raffinerie di biocarburanti con una rete di circa 5.000 stazioni di servizio. Dall’altra, Plenitude che unisce la produzione da fonti rinnovabili e le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici con la fornitura di gas ed energia elettrica al mercato residenziale.
Elemento chiave di questo modello, come rimarca anche il “Financial Times”, è la redditività immediata di queste società “satelliti”: fin dalla loro costituzione infatti hanno generato un Ebitda di circa un miliardo di euro ciascuna. “Il capitale c’è e i fondi infrastrutturali cercano buone aziende, ma vogliono capire cosa c’è dentro. La crescita da sola non basta”, ha evidenziato Claudio Descalzi. Eni ha da sempre guardato alla transizione energetica come ad un’opportunità per evolvere e ridisegnare il futuro del settore iniziando a sganciarsi dalla volatilità dei prezzi del petrolio. Un cambiamento di questa portata richiede coraggio, flessibilità di pensiero e tante altre peculiarità che Eni possiede: la “scommessa ambiziosa” di cui parla il “Financial Times” ne è una ulteriore conferma.