L’AD di Eni Claudio Descalzi è il protagonista dell’appuntamento del 29 giugno di “A tavola con”, la rubrica domenicale de “Il Sole 24 Ore” che racconta i grandi protagonisti del mondo dell’economia e del business esplorandone il percorso personale e professionale, la vision, le passioni e i gusti anche in ambito enogastronomico, nonché i legami con il territorio, la cultura, l’innovazione. “L’Eni è una struttura industriale, finanziaria, tecnologica e geopolitica fondamentale per il nostro Paese. Descalzi è un suo figlio”, scrive il giornalista Paolo Bricco nell’articolo, sottolineando come, diversamente “da chi viene selezionato dal potere finanziario, tecno-industriale e politico che si compone negli uffici e nelle stanze ovattate fra Milano e Roma, Londra e New York”, lui ha costruito la sua identità nei pozzi, sulle piattaforme e nelle esplorazioni in Africa, in Sud America e in Asia. È proprio nell’esperienza maturata sul campo che affondano le radici della visione strategica con cui, da undici anni, guida Eni nel ruolo di Amministratore Delegato.
“Nei primi anni Duemila nessuno esplorava più. Era tutto finanza. Si operava con fusioni e acquisizioni. Eni ha perseverato. Dopo la Grande Crisi del 2008, si è tornati a cercare nuovi giacimenti. Siamo italiani. Abbiamo poca finanza. Abbiamo una grande passione e una notevole capacità di esplorare, di costruire relazioni internazionali, di fare efficienza industriale. Il modello della dual exploration ha funzionato: sapere trovare i nuovi pozzi di petrolio e i nuovi giacimenti di gas, farli rendere bene industrialmente, coinvolgere da una posizione di forza e di leadership dei soci importanti a cui non interessano le leve del comando, ma che condividono i tuoi risultati finanziari di domani dandoti oggi il loro capitale”, ha spiegato Claudio Descalzi. In anni segnati da sfide sempre più complesse per le grandi realtà del settore energetico, dalla transizione energetica alla necessità di rafforzare la sicurezza a seguito delle tensioni esplose a livello geopolitico, l’AD ha puntato su diversificazione, cooperazione internazionale e investimenti in nuove filiere, come l’agricoltura per la produzione di bio-carburanti e lo sviluppo delle rinnovabili. Il risultato è una “nuova” Eni sempre più proiettata verso il futuro, forte di una cultura ingegneristica radicata, ma pronta a rinnovarsi secondo le sfide globali.
Ma “a tavola con”, l’AD si è raccontato anche negli aspetti più personali. È ritornato ad esempio nella Milano degli anni Settanta in cui è cresciuto: “Mio papà si chiamava Carlo. Era un intellettuale puro. Leggeva, scriveva, traduceva dalle lingue morte tutto il giorno e spesso tutta la notte. Quando io avevo otto anni lui mi recitava in latino il “De Bello Gallico” di Cesare. La vita in casa è stata particolare. Non osservavamo le feste comandate, non festeggiavamo i compleanni, il silenzio era onnipresente perché mio padre potesse concentrarsi sui suoi libri. Tutto era costruito intorno al bozzolo generato dalle sue solitudini e dalle sue stranezze e molto era incardinato anche sul senso di protezione per mia madre Giuseppina. Per sostentare la famiglia mio padre abbandonava qualche volta la poesia e il greco antico e si dedicava, anche con buoni risultati, ad iniziative imprenditoriali. Vivevamo in Porta Romana, nella parte più popolare di Milano che arriva al Corvetto. Quando mi sono iscritto alla facoltà di Fisica, ho avuto l’impulso di finire il più in fretta possibile. Avevo bisogno di guadagnare”. E parlando di famiglia, il pensiero corre anche a quella che si è costruito. Quattro figli, otto nipoti e il nono in arrivo: “La cosa che più mi importa è che la famiglia sia unita”.
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