2 Ottobre 2025

“Eni non ha alcun ripensamento sulla transizione energetica che abbiamo avviato nel 2014, prima dell’accordo di Parigi, e che per noi è un dovere verso l’ambiente ma anche una diversificazione rispetto all’andamento del petrolio e alla sua volatilità”: l’AD Claudio Descalzi lo ha ribadito lo scorso 1° ottobre all’Italian Energy Summit 2025, ricordando inoltre come negli anni Eni proprio in quest’ottica abbia implementato l’innovativo modello satellitare che ha portato alla creazione di società in grado di “dare ritorni senza assorbire sussidi o incentivi ad hoc che vanno a pesare sui consumatori attraverso le bollette”. Parole che riflettono la vision lungimirante del CEO: come infatti ha scritto nelle scorse settimane anche il “Financial Times”, mentre oggi le altre Big Oil si stanno progressivamente ritirando dalle rinnovabili “a causa di rendimenti deludenti”, Eni può invece continuare nel percorso verso la transizione energetica perché sono state poste basi solide che l’hanno resa capace di fronteggiare le potenziali evoluzioni del mercato.
“C’è una crisi del gas, ma ci siamo mossi prima perché abbiamo legato il nostro futuro a una crescita organica, quindi alla necessità di trovare risorse e crescere organicamente. Non avevamo i soldi per fare quello che fanno le super major, che lavorano in situazioni dove possono fare scambi e acquisizioni carta su carta, se noi dobbiamo fare un’acquisizione, dobbiamo metterci tutta la cassa, quindi quello diventa molto più difficile”, ha spiegato il CEO anche durante l’Italian Energy Summit. Claudio Descalzi si è poi soffermato sulle strategie in ambito di esplorazione, che prosegue “soprattutto nel mondo del gas perché è l’elemento che ci sta dando un po’ di balance rispetto al prezzo del petrolio, visto che hanno ormai trend abbastanza differenti”. In questo, a giocare un ruolo importante è anche l’LNG perché ha permesso di “avere accesso a mercati internazionali e mondiali, quindi, al di là della logistica, si possono raggiungere mercati che pagano meglio”. Il manager ha spiegato che “siamo partiti da 2-3 milioni di tonnellate e siamo arrivati a 14 e in tre anni arriviamo a 20 milioni di tonnellate di Gnl”. Le grandi scoperte sono state effettuate “attraverso una profonda diversificazione”, ha aggiunto il CEO elencando alcuni dei progetti su cui Eni è al lavoro, dall’Africa in Costa d’Avorio e in Congo a Vaca Muerta in Argentina fino agli Stati Uniti: “In Costa d’Avorio arriveremo a produrre più di 220mila barili di oli equivalenti, di cui 70mila sono gas, che andranno al mercato domestico e potranno anche andare verso l’export. In Congo arriva a dicembre la seconda fase con l’export dell’LNG oltre al mercato domestico avendo trovato molto gas. Grandi scoperte anche in Namibia, dove lavoriamo più verso olio leggero, in Indonesia, dove abbiamo a disposizione circa 50 TCF, e in Argentina, con un nuovo progetto per arrivare a 16 milioni di tonnellate”.